domenica 8 luglio 2007

Cobolli Gigli: Batteremo l'Inter

Ecco l'intervista fatta da Gianfranco Teotino, per Tuttosport, al presidente della Juventus Giovanni Cobolli Gigli.

Buona estate, presidente Cobolli. Migliore di quella di un anno fa?
«L’estate scorsa non la voglio nem­meno ricordare. Esattamente dodici mesi fa, di questi tempi, eravamo in serie C, e pure penalizzati, ad aspet­tare che la Caf decidesse sulle ri­chieste di Palazzi. Lei mi trova negli stessi posti, nelle stesse valli dove al­lora vagavo incredulo. E la vita è cambiata. Eccome se è cambiata. Oggi ci sono un sole e un clima stu­pendo ».

E mercoledì la Juve ritorna a casa, in serie A. La grande avventura ricomincia. Con quali obiettivi?
«Uno su tutti, chiaro, indiscutibile: il ritorno immediato in Champions League».

Il quarto posto, quindi?
«No, non solo. Mi è piaciuta molto nei giorni scorsi l’intervista di Buffon a Tuttosport: daremo fastidio a tutti, ha detto. Una frase molto bel­la e molto spontanea perché mi pare di aver capito, vedendo la pagina, che l'abbia pensata e dettata sul let­tino della spiaggia e in discreta com­pagnia, con Alena. Ecco, noi saremo competitivi ai massimi livelli. Gio­cheremo partita per partita sempre per vincere».

Anche con l’Inter?
«Soprattutto. Sarebbe davvero im­portante batterli. Avremo occasione di allenarci in agosto nei torneini estivi, ma poi sono le due gare di campionato quelle che aspetto».

Magari sedendo in tribuna accanto a Moratti, come fan­no i presidenti delle grandi squadre in Spagna.
«Guardi, io non ho nessuna diffi­coltà a parlare con Moratti. E’ una persona garbata, come me del re­sto, credo. Ma il giorno della par­tita... Sarà un momento di grande passione. No, meglio uno da una parte e l’altro da un’altra. Siamo maturi tutti e due, ma le emozio­ni quel giorno saranno troppo for­ti. La stima reciproca non c’entra. Che penso di Moratti? E’ un uomo che ha dato tantissimo all’Inter, forse anche troppo. E’ un buon pa­dre di famiglia, come me. Ma la sua famiglia è tutta e solo interi­sta. E questo è un difetto. Co­munque, io fuori dallo stadio sono un freddo, se ci devo parlare, ci parlo».

E l’anno scorso ha fatto anche degli affari con lui.
«L’anno scorso. Ma poi... Que­st’anno non è capitato finora e non è un caso. Non è capitato e non ca­piterà. Anzi, sa che cosa le dico? Che non capiterà più almeno fino a che non avremo vinto lo scudet­to ».

E cioè fino a quando?
«Vedremo. Intanto sono veramen­te soddisfatto del nostro lavoro di rafforzamento della squadra. Un lavoro collettivo, ma che ha visto nell’amministratore delegato Blanc e nel direttore sportivo Sec­co i due grandi protagonisti. Tut­ti abbiamo condiviso, ma le scelte sono state le loro».

Più importanti gli acquisti o le conferme?
«Senza conferme non ci sarebbero stati questi acquisti e senza que­sti acquisti non ci sarebbero state conferme. E fra le conferme mi permetta di ricordare subito Del Piero, la nostra bandiera. Troppi se lo dimenticano».

Già, ma intanto il contratto non gliel’avete ancora rinno­vato.
«Presto parlerà con Blanc e Secco: gli diranno che l’apprezzamento è totale e sarà tutto a posto».

Sì, ma quanto potrà giocare ancora ai suoi livelli?
«Io me lo immagino giocatore an­cora a lungo. Una volta avevo det­to che lo vedevo bene in futuro co­me presidente. Non lo dico più. Deve giocare fino a che se la sen­te. E basta».

Intanto si potrebbe allenare entrando in Consiglio al po­sto di Tardelli.
«Non credo sia possibile».

Nesta lo fece quand’era alla Lazio.
«Idea stuzzicante. Ma preferisco che si alleni per continuare a fare i gol, dare assist e non sbagliare i rigori se mai ce li dovessero dare».

Battutina? Polemicuccia?
«Nooo. Degli arbitri io non parlo mai. Però l’anno scorso in partita Del Piero dal dischetto si è potuto esercitare poco, gli auguro di ave­re maggiori opportunità quest’an­no ».

Torniamo al mercato. Il mi­gliore acquisto?
«Buffon. Il cardine del nostro mer­cato. Quando ci ha detto sì, abbia­mo cominciato a lavorare in tran­quillità ».

Come l’avete convinto?
«In una riunione, io non c’ero, con Blanc e tutta l’area commerciale ­sportiva. Gli sono state illustrate le strategie soprattutto quelle di marketing, di immagine, di svi­luppo del brand. Idee forti, idee se­rie. Che s’imperniavano anche su di lui. E poi, lo ha confessato lo stesso portiere, ci ha aiutato il suc­cesso del Milan in Champions. Gi­gi ha realizzato quanto può esse­re bello vincere con un gruppo consolidato».

Del Piero, Buffon, Trezeguet. Restano da convincere Ca­moranesi e Nedved.
«Siamo in fase di dialettica con­trattuale. Secco è al lavoro per da­re certezze e convincerli che an­che per loro la nuova Juve è una grande opportunità».

Per Camoranesi in effetti si tratta di una banale questio­ne di soldi. Ma la situazione di Nedved sembra diversa. Il suo procuratore dice che il giocatore è poco amato.
«Il procuratore di Nedved è un abilissimo contrattatore. Io, che ho vissuto in prima persona tutte le partite dello scorso campionato, posso dire che non c’è nessuno, di­co nessuno, che non ami e non ap­prezzi Nedved. Pavel ha un gran­de cuore. E’ uno juventino al 100%. Resterà con noi».

Dopo Andrade, comprerete ancora qualcuno?
«Con l’acquisto del difensore cen­trale, il mercato è terminato. Do­vremo cedere qualcuno e cogliere al volo le occasioni che eventual­mente ci si presenteranno. Ma co­sì siamo competitivi».

L’impressione è che con i sol­di spesi per Tiago e Almiron, due giocatori simili, si potesse prendere un vero big. Uno co­me Lampard o come Fabre­gas.
«Non cercare campionissimi è una decisione che abbiamo condi­viso con l’allenatore. Volevamo co­struire il tessuto connettivo di una squadra forte sapendo che i big li avevamo e li abbiamo già in casa. Abbiamo preso ragazzi bravi, an­che di classe, fisicamente tosti e che fossero adatti al tipo di gioco pensato da Ranieri. In un cam­pionato faticoso come il nostro, meglio avere molte alternative piuttosto che un solo fuoriclasse in più. Gli infortuni sono in ag­guato. Ripeto: sono molto fiducio­so, siamo competitivi così».

Pensa che i tifosi siano altret­tanto soddisfatti?
«Lo capiremo meglio da sabato prossimo, quando presenteremo la squadra a Pinzolo. Ma io credo di sì. Credo che siano soddisfatti. Adesso. Poi è chiaro che lo saran­no fino al primo risultato negati­vo. Ma, insomma, anche i tifosi hanno buona memoria e si ricor­dano in che situazione eravamo un anno fa di questi giorni».

Domani riparte la campagna abbonamenti. C’è il rischio che l’Olimpico sia uno stadio per soli abbonati.
«La gente bianconera ha fiducia in noi. L’esito dell’aumento di ca­pitale, riuscito fino all’ultimo euro, ne è la prova più evidente. Tutti, dico tutti, i 40.000 piccoli azionisti hanno partecipato. Segno di una vicinanza che, del resto, anche l’i­niziativa di Tuttosport sull’azio­nariato popolare aveva testimo­niato. Certo, l’Olimpico è piccolo. Per questo vogliamo il nuovo sta­dio ».

A proposito, che fine ha fatto?
«Sarà il primo obiettivo di lavoro di Blanc non appena ultimata la campagna acquisti e cessioni. Vo­gliamo, fortemente vogliamo, il nuovo Delle Alpi. Ne discuteremo in luglio e in agosto con il Comu­ne, con il Credito sportivo, con il Governo. Sperando di poter vara­re il progetto migliore, quello stu­diato per Euro 2012, ma sapendo che le alternative non ci mancano. Vogliamo costruire una casa per le famiglie bianconere, viva per tutta la settimana, un cuore pul­sante con attività commerciali e di intrattenimento composite».

La squadra, secondo lei, è fat­ta. Lo stadio si farà. E la struttura societaria? E’ all’al­tezza di quella degli altri grandi club europei?
«Guardi che la società, sul piano del marketing e del business, era forte anche prima di Cobolli e di Blanc. L’abbiamo rinforzata. E abbiamo un Cda straordinario. Da questo punto di vista sono un uomo fortunato. Sono sempre stato in Consigli d’azienda forti e partecipativi. Anche nell’ultima riunione, il 29 giugno, abbiamo avuto una discussione appassio­nata, qualificata. E costruttiva, come sempre. Abbiamo preso in Consiglio, e poi condiviso, tutte le decisioni più complesse».

La più difficile?
«L’abbandono del Tar».

Più della scelta di Ranieri?
«Non c’è paragone».

Epperò Tardelli se n’è andato sbattendo la porta, senten­dosi trascurato.
«Montali invece c’è ancora e dà un grande contributo. E’ impor­tante avere il giudizio e i sugge­rimenti di chi ha una estrazione puramente sportiva, purché però si sappia adeguare alle logiche di un Consiglio di Amministrazio­ne di una società quotata in Bor­sa ».

Sostituirete Tardelli?
«Sì».

Con un altro ex calciatore?
«Non ne abbiamo ancora discus­so. Mia opinione personale è che un ex calciatore possa essere uti­le solo se non è più praticante, se non frequenta troppo l’ambien­te ».

E Bettega? Lo sostituirete?
«Direi di no. Con Ranieri è arri­vato tutto uno staff pieno di com­petenze tecniche: l’allenatore ha dato gli indirizzi tecnici e parte­cipato a tutte le decisioni. E Blanc ormai è maturato».

C’è chi sostiene che più che altro quel che manca ancora è un direttore generale.
«Il direttore generale della Ju­ventus è Blanc».

Cioè: Blanc è il nuovo Moggi?
«Blanc è il direttore generale, non solo l’amministratore delegato. Ha l’età e l’esperienza per farlo: è un dirigente di statura interna­zionale, con un grande curricu­lum che ora ha imparato bene l’i­taliano e naviga con disinvoltura nel calcio. E’ anche abilissimo nel condurre le trattative. Da grande giocatore di poker».

Sarà. Però la proprietà, solo poche settimane fa, ha ri­contattato Franco Baldini.
«Non lo so, non me ne hanno mai parlato. Anche l’anno scorso lo incontrarono prima che arrivas­si io. Baldini io non lo conosco. La proprietà è sovrana, ma io ri­tengo che oggi in società siamo strutturati più che a sufficien­za ».

Un gruppo molto professio­nale, ma senza cuore, ha det­to Tudor.
«La mia esperienza di un anno dice che la Juve ha un cuore grande così».

Forse prima di voi...
«Il cuore non lo danno i dirigen­ti. Ma il massaggiatore, i ma­gazzinieri come il povero Romeo, la tradizione, le abitudini, i com­portamenti che sono ancora e sempre bonipertiani. Il cuore è lo stile. La Juventus ha cuore, la Juventus è cuore. E i grandi gio­catori lo sanno».

Che fine ha fatto il progetto Juve giovane e italiana?
«E’ più vivo che mai. Criscito, Marchisio e Palladino saranno la prova che lo portiamo sempre avanti. Altri giovani, come Gio­vinco, li abbiamo solo mandati a crescere, a giocare con conti­nuità in serie A per ritrovarli più forti. Ranieri e il suo gruppo cre­dono nei giovani. E, una volta superata l’emergenza ricostru­zione, cercheremo anche di rial­zare il tasso d’italianità».

Ha visto che il Toro si sta rafforzando? Che è vivacis­simo sul mercato? Paura?
«Macché. Sono contento. Così of­friremo due derby di alta qua­lità. D’altra parte Juventus e To­ro sono due facce di una Torino impressionante: dinamica, ecci­tante, internazionale. E lo dico, ammirato, da non torinese».

Un solo ultimo desiderio per la stagione che mercoledì per voi ricomincia.
«Che la squadra giochi bene. Che entusiasmi i tifosi e anche noi dirigenti. Cosa che l’anno scorso non sempre ha fatto».

Frecciatina per Deschamps?
«Tutt’altro. Io Deschamps l’ho sempre apprezzato e sostenuto. E’ lui che se n’è voluto andare».


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